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“Claustrofobia di sé” di Mariangela Padovani

 

Le tende ora sono più viola. La luce ruota su se stessa. Inspiegabilmente.
Un suono tenue, un ghigno di morte, pervade l’aria rarefatta, tumefacendola. a poco a poco. Vecchie voci stanche gracchiano gli ultimi sospiri.
Onde si frangono sugli scogli – succede – anche se nessuno sta lì a guardarle. Il mondo continua anche senza spettatori.
Freddo. Il gelo entra invadendo ogni singola vena. Un’oscurità ombrosa grava pesante e non lascia respiro.
Respiro affannoso. La stanza si allarga e si restringe, inafferrabile.
Il fruscio degli alberi è il richiamo al silenzio del mostro. Ovunque terribili figure si dipartono dalla mente e invadono ogni angolo cospargendolo del loro amaro veleno. Non c’è pace non c’è pace.
Odori lontani si perdono nella muta ricerca insaziabile – un dolore, fitto, uccide premendo tra il petto e lo stomaco. Un bruciore che è fuoco vivo racchiuso dentro un cubo di ghiaccio.
La persona è ora come sdoppiata. Una odia l’altra e vorrebbe ucciderla.
Ma chi vuole uccidere una parte di sé uccide se stesso.
Un biancore pallido colora di morte di nulla d’angoscia questo mondo irreale che è il mondo della mente.
Lei vive nella luce cerebrale proiettata dal suo essere sul mondo, vomitato sulle cose, che diventano artigli dell’essere senza forma che la attanaglia e la soffoca. L’aria è irrespirabile.
Un ululato – e poi il silenzio.
Il tavolino beige macchiato di bianco – ricordi d’orrore. Lei odia l’altra e vorrebbe spappolarla e ucciderla e distruggerla – le dà fastidio, le dà fastidio dentro, ne sente il peso, l’odore putrefatto, la voce insistente e ossessionante. Non si respira. Non si respira.
E’ qualcosa di penetrante e spossante. Vorrebbe distruggere e distruggersi. Sparire nel nulla più vuoto. Vuoto di sé. Il mondo è irrespirabile.
Le parole si perdono nella mente come echi. Dimentica tutto, non può afferrare i pensieri, che volano via leggeri, lasciando solo i loro plumbei sedimenti di tormento. La mente soffoca e s’acceca nel silenzio – nell’urlo che è un abisso – non vede più niente e si perde nei tortuosi meandri letali di se stessa.